Elenchi dei contribuenti inadempienti: trasparenza fiscale o gogna pubblica?

La pubblicazione sul web di liste dei contribuenti inadempienti o di elenchi del dichiarato e/o accertato risulta diffusa in diversi ordinamenti esteri. Nella sola Unione europea circa la metà degli Stati membri ha adottato simili misure deterrenti, spesso nell’ambito di più ampie riforme volte ad agevolare la riscossione dei tributi e a contrastare l’evasione, in un’epoca di crisi finanziaria e politiche di austerità. Gli istituti di “public shaming” fanno leva sull’effetto reputazionale della pubblicazione, risolvendosi sostanzialmente in una sanzione aggiuntiva (a quelle amministrative e/o penali) per il contribuente inadempiente.
I mezzi digitali di diffusione, facilitando la consultazione delle liste, ne amplificano la portata reputazionale e, di riflesso, almeno in linea teorica, l’efficacia deterrente. Pressoché ovunque la pubblicazione delle liste costituisce una delle poche deroghe al principio di segretezza fiscale, fondato sul presupposto, risalente, per cui solo la garanzia di massima confidenzialità porrebbe il contribuente in condizione di adempiere fedelmente i propri obblighi fiscali, spesso idonei a rivelare dettagli personali o familiari o, nel caso delle attività economiche, informazioni preziose per i concorrenti.
Tutte le liste di contribuenti inadempienti condividono grossomodo le medesime finalità: promuovono la trasparenza sia sull’adempimento del dovere tributario da parte dei consociati, sia sull’esito, l’efficacia e la diffusione dei controlli da parte delle amministrazioni tributarie. Secondo dinamiche di mutuo controllo sociale, le liste stimolerebbero, dunque, la riscossione spontanea dei tributi.
Le forme di attuazione sono invece le più disparate, quanto al mezzo, alla durata, alle categorie di contribuenti coinvolti, alla quantità di dati divulgati, alle condizioni per la pubblicazione e ai diritti degli interessati (di notifica, contraddittorio, rettifica, cancellazione, controllo giurisdizionale, ecc.).
Muovendo dalla portata soggettiva delle liste, è possibile distinguere tra ordinamenti che coinvolgono nella pubblicazione solo entità giuridiche o anche persone fisiche. Le ragioni del discrimine risiedono spesso proprio nell’esigenza di tutelare i dati personali degli individui. Quand’anche uno Stato coinvolga le persone fisiche, se stabilisce una soglia minima elevata di importi evasi e/o sanzioni irrogate, il tasso di individui rientrante nella lista sarà probabilmente esiguo. Altrettanto vale qualora, in luogo di una lista di evasori, sia prevista la pubblicazione di elenchi nominativi degli imponibili dichiarati oltre una certa soglia (con l’indicazione di eventuali rettifiche in aumento).
Quanto alla portata oggettiva, nelle liste sono indicate informazioni di natura economica, dati identificativi dell’individuo o dell’entità e notazioni procedurali. Informazioni di natura economica possono includere l’imponibile (lordo o netto; dichiarato e/o accertato), il tributo dovuto, eventuali sanzioni e interessi, categorie reddituali e attività svolta. Fra le notazioni procedurali, è comune indicare se il debito sia definitivo oppure in contestazione. Tali informazioni sono associate al nominativo della persona fisica o alla denominazione dell’entità. Si spazia da impostazioni che prevedono la pubblicazione dei soli dati essenziali alla corretta identificazione del contribuente ad esperienze di divulgazione di dati apparentemente superflui (o di rilievo meramente statistico). Alcuni Stati dispongono la pubblicazione solo a fronte di accertamenti definitivi per omessa impugnazione o a seguito di giudicato. Altri invece pubblicano anche debiti non ancora definitivi, talvolta con possibilità di rettifica o cancellazione all’esito di un giudizio favorevole per il contribuente. Con alcune eccezioni, è generalmente garantito il diritto di previa notifica al contribuente del prossimo coinvolgimento nella lista, affinché possa evitare la pubblicazione, saldando il dovuto, o ottenere la rettifica dei dati, eccependo errori in contraddittorio. La durata della divulgazione varia, a seconda dello Stato, da pochi mesi a qualche anno, con casi di permanenza online delle informazioni per un tempo indefinito. La pubblicazione è generalmente riservata ai soli debiti annui che oltrepassino una certa soglia.
Venendo alle modalità tecniche della pubblicazione, è invalso l’utilizzo del web, che favorisce la massima diffusione delle informazioni con uno sforzo economico ed organizzativo minimo. L’efficacia del mezzo è amplificata dalla consueta indicizzazione operata dai motori di ricerca, che consentono di verificare istantaneamente l’inclusione di un nominativo in una lista di evasori semplicemente digitandolo nella “barra di ricerca”.
Internet, se da un lato favorisce il mutuo controllo sociale sull’adempimento delle obbligazioni tributarie, dall’altro indubbiamente espone i dati personali a rischi di abuso. La casistica sottoposta finora all’esame delle Corti sovranazionali mostra quanto sia breve il passo fra il mutuo controllo sociale e la “pubblica gogna”: in assenza di specifiche limitazioni alla consultabilità e/o alla riutilizzabilità dei dati contenuti nelle liste, in Ungheria, la pubblicazione di dati fiscali ha dato luogo, ad esempio, alla creazione – ad opera dei media – di “mappe interattive dei contribuenti inadempienti”, attraverso cui visualizzare nominativo, indirizzo di residenza e debito tributario di ciascuno di essi cliccando nei punti indicati nei vari territori rappresentati. Inoltre, è plausibile che, in assenza di limitazioni tecniche e/o giuridiche al riutilizzo, i dati fiscali pubblicati online dalle amministrazioni possano essere rintracciati da software di “data scraping” che profilano le persone per valutarne, ad esempio, l’affidabilità creditizia.
La giurisprudenza delle Corti sovranazionali non ha ancora raggiunto approdi univoci sul bilanciamento fra il diritto alla tutela dei dati personali, da un lato, e l’interesse fiscale o la trasparenza amministrativa, dall’altro. Nel noto caso “L.B. c. Ungheria”, la Corte EDU ha dapprima reputato che la pubblicazione online di liste di contribuenti inadempienti riflettesse un sano bilanciamento tra il diritto alla riservatezza, il diritto ad essere informati dei consociati e l’interesse economico generale alla riscossione delle entrate pubbliche attraverso un controllo diffuso con funzione deterrente, salvo poi riscontrare – dopo il rinvio alla Grande camera – una violazione del diritto al rispetto della vita privata allorquando tali elenchi contengano, oltre al nome, al codice fiscale e all’importo dovuto, anche l’indirizzo di residenza di persone fisiche (Corte EDU, IV camera, 12 gennaio 2021, L.B. c. Ungheria, ricorso n. 36345/16 e Grande camera, 9 marzo 2023). Pur giungendo ad un risultato di segno opposto, la Grande camera ha confermato l’approccio della prima pronuncia, rilevando che la pubblicazione dei dati personali dei contribuenti non è, di per sé, problematica e rientra nel margine di apprezzamento statale. Su tale valutazione ha inciso l’ampia diffusione di tali misure negli Stati sottoposti alla giurisdizione della Corte.
(Focus a cura di Chiara Francioso)
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