L’autodeterminazione orientata alla genitorialità. Note a margine della Corte cost. 21 marzo 2025, n. 33

La genitorialità sociale è fenomeno antico ma dal rinnovato interesse per gli interpreti di numerosi settori. Per tale si intende la filiazione o la genitorialità, a seconda dell’ordinamento di riferimento, fondata sull’assunzione volontaria e consapevole della responsabilità procreativa e genitoriale nei confronti del minore, ancorché privo di legami genetici, biologici o gestazionali con l’adulto. Tale locuzione comprende fenomeni di genitorialità funzionale e di genitorialità intenzionale.
Con la locuzione genitorialità funzionale o fattuale o de facto si indicano tutti quei casi in cui assume un ruolo costitutivo l’esercizio della cura e dell’assistenza nei confronti del minore. Si pensi, ad esempio, all’esercizio della cura nei confronti del minore da parte dei nonni, per coadiuvare o finanche sostituire i soggetti dotati di responsabilità genitoriale oppure ai casi di kafala, in cui i minori nati fuori dal matrimonio non possono essere adottati negli ordinamenti che dispongono esclusivamente del paradigma della filiazione legittima ma sono accolti da un adulto nella propria famiglia entro un affidamento per l’assistenza, l’educazione e il mantenimento.
Nella genitorialità d’intenzione o intenzionale, invece, assume un ruolo essenziale la manifestazione di un consenso, inteso come dichiarazione di disponibilità all’avvio di un procedimento di adozione oppure come la manifestazione di una volontà di autorizzazione a un trattamento medicale per la realizzazione di una fecondazione artificiale o ipotesi mediane tra quelle appena menzionate. In questa seconda categoria, si annoverano le ipotesi di genitorialità che emergono da fecondazione omologa, fecondazione eterologa, da scambio di embrioni, da procreazione post mortem o postuma, da condivisione o adozione di embrioni, da surrogazione della maternità. Non tutte le fattispecie elencate sono ammesse negli ordinamenti europei, tra cui quello italiano. Per questo, a seconda del caso, occorre verificare la compatibilità dell’autodeterminazione con i requisiti di accesso alle procedure se realizzate in Italia oppure con l’ordine pubblico se eseguite all’estero.
Tra le fattispecie appena menzionate, oltre alla mancanza di un patrimonio genetico condiviso tra minore e adulto, assume rilievo l’autodeterminazione orientata alla genitorialità manifestata dall’adulto, seppure entro una prospettiva paidocentrica, volta a valorizzare il preminente interesse del minore in concreto.
Proprio sull’autodeterminazione orientata alla genitorialità si è pronunciata recentemente la Corte costituzionale, nella decisione relativa alla declaratoria di illegittimità costituzionale delle disposizioni in materia di adozione internazionale dei minori stranieri da parte delle persone singole.
Segnatamente, con la sentenza n. 33 del 21 marzo 2025, la Consulta ha dichiarato l’incostituzionalità dell’articolo 29-bis, comma 1, l. n. 184/1983, nella parte in cui, in combinato disposto con l’art. 6, escludeva per le persone singole la possibilità di adottare minori stranieri mediante la procedura di adozione internazionale.
La decisione in commento si fonda su alcune argomentazioni, che, da un lato, si pongono in linea di continuità dei precedenti della Consulta e della giurisprudenza di legittimità italiana sul pluralismo nella configurazione familiare e, dall’altro, introducono una serie di snodi argomentativi innovativi per lo studio della categoria della genitorialità d’intenzione.
Considerati i requisiti soggettivo di accesso e i fattori considerati dal giudice per valutare l’idoneità dei soggetti che intendono accedere alle adozioni internazionali regolate dalla legge italiana, si osserva che anche le persone singole possono offrire un ambiente stabile e armonioso per la crescita di un minore. Le coppie di persone di genere diverso e coniugate non sono necessariamente le uniche ad essere idonee secondo l’ordinamento complessivamente inteso, non possono essere considerate ex se idonee e non esistono dati scientifici che dimostrino che le persone singole non possano offrire un ambiente congruo. Successivamente la Consulta si sofferma sull’autodeterminazione, ossia la libertà di assumere le scelte. Tale non è un diritto assoluto ma soggiace a dei limiti, specie quando è orientata alla determinazione della genitorialità. Cionondimeno, siffatti limiti non possono essere illimitati, configurando automatismi, salvo che non risultino posti a presidio di interessi di rango costituzionale.
In via ulteriore, la Corte considera che, per le adozioni ed entro una prospettiva votata al best interest of the child, occorre considerare la soluzione ottimale in concreto. Dunque, rileva pure la rete familiare di riferimento, ossia la famiglia allargata che circonda l’adottante e non solo quella nucleare.
Infine, si precisa che la disciplina delle adozioni non è vincolata al principio di c.d. imitatio naturae.
Tra le argomentazioni spese dalla Consulta spicca il ruolo attribuito all’autodeterminazione, in precedenza svalutato dalla giurisprudenza italiana, come è avvenuto nel caso relativo al riconoscimento di atti e sentenze straniere relative alla filiazione da surrogazione della maternità e da procreazione artificiale svolta all’estero con nascita in Italia.
Prendendo le mosse dalle pronunce delle Alte corti europee e dai precedenti della Corte costituzionale in materia di filiazioni, adozioni e procreazioni artificiali, la Corte costituzionale afferma che la scelta di diventare genitori e di formare una famiglia che abbia anche dei figli costituisce espressione della generale libertà di autodeterminarsi. Questa libertà è riconducibile agli artt. 2, 3 e 31 Cost., poiché concernente la sfera privata e familiare, di cui all’art. 8 CEDU.
Allorquando la genitorialità risulta accessibile, sia per condizioni fisiologiche sia perché il soggetto dispone dei requisiti soggettivi delle previsioni nazionali che consentono la procreazione medicalmente assistita o l’adozione, la libertà di autodeterminarsi nella scelta orientata alla genitorialità sottende una pretesa a non subire indebite compressioni di tale libertà da parte del legislatore. Le restrizioni devono allora essere ragionevoli e proporzionali e tali non sono automatismi, come quello che preclude alle persone singole di adottare minori stranieri.
Il concetto di autodeterminazione richiamato dalla Consulta si emancipa dalla dimensione terapeutica di cui agli artt. 2, 13 e 32 Cost. cui sembra invece vincolato il legislatore nella disciplina dedicata alla procreazione medicalmente assistita. L’autodeterminazione orientata alla genitorialità inaugurata dalla Consulta si fonda sulla nozione di vita privata e familiare, di cui ai due commi dell’art. 8 CEDU, che include anche il diritto alla realizzazione personale e il diritto al rispetto delle decisioni di diventare o meno genitore.
(Focus a cura di Stefania Pia Perrino)
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