Le molestie sessuali nel contesto accademico: verso un approccio intersezionale

La violenza di genere (GBV) abbraccia un continuum di comportamenti abusanti e di violenze basate sul sesso e sul genere che si intersecano con altre dimensioni di disuguaglianza come l'età, l'etnia, la disabilità e la sessualità. Tali sfaccettature della violenza di genere si riscontrano in una varietà di contesti, tra cui l'ambiente universitario, dove le asimmetrie di potere e la cultura organizzativa si configurano come fattori di rischio specifici.
Negli ultimi anni, facendo seguito a un’amentata sensibilità sul tema, un numero crescente di università nel mondo hanno implementato interventi specifici di prevenzione e contrasto della violenza e delle molestie sessuali (indicate con l’acronimo SVSH, sexual violence and sexual harassment). L'interesse diffuso per questi due fenomeni, collocati nel più ampio continuum della violenza di genere, riflette la necessità di intervenire sugli stessi considerandoli come interconnessi, poiché spesso si verificano insieme, nello stesso contesto, come quello accademico, caratterizzato da relazioni strette e complicate gerarchie di potere.
In tale cornice si inserisce il progetto "Understanding Gender Based Violence in Italian Universities" (Progetto PRIN Prot. 2020888HBY), che coinvolge le Università di Modena e Reggio-Emilia, Milano, Torino e La Sapienza di Roma, impegnate in attività di ricerca focalizzate in particolare sulle molestie sessuali che si verificano nelle università. In stretta connessione con il tema del pluralismo, i risultati di una revisione della letteratura condotta nell'ambito del progetto (Zara et al, 2024) mostrano la necessità di studiare il fenomeno e di intervenire su di esso con un approccio intersezionale. Molti degli studi inclusi nella revisione mirano, infatti, a identificare diversi fattori di rischio legati alla vittimizzazione da SVSH che, se adeguatamente sistematizzati, possono offrire indicazioni utili per implementare interventi preventivi efficaci prestando attenzione all’intreccio tra fattori di rischio individuali, relazionali e di comunità.
Partendo dai fattori individuali, numerose ricerche hanno mostrato che essere donna incide fortemente sulla probabilità di essere vittima di SVSH, così come essere lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer, intersessuali o asessuali (LGBTQ+), stranieri, multirazziali o indigeni; questa tendenza è stata riscontrata tra studenti, studentesse, personale tecnico-amministrativo e accademico. In generale, ciò che espone maggiormente al rischio di vittimizzazione sono le vulnerabilità pregresse legate alle macro-dinamiche di potere, alle disuguaglianze sociali e all'emarginazione culturale. Una maggiore vulnerabilità, inoltre, è stata riscontrata anche tra le studentesse più giovani, tra coloro che provengono da contesti urbani piuttosto che rurali, tra persone con disabilità, con vulnerabilità economica o propensione all'uso di alcol.
Considerando i fattori interpersonali, gli studenti e le studentesse provenienti da contesti familiari socialmente svantaggiati sembrano presentare un rischio maggiore di vittimizzazione, così come coloro che hanno già sperimentato forme di bullismo o altre forme di violenza sessuale. Per quanto concerne il personale tecnico amministrativo e accademico, la presenza di ulteriori forme di discriminazione risulta frequentemente correlata alla violenza sessuale.
A livello macro (fattori di comunità) si rileva come la cultura diffusa nel contesto accademico sembri incline a ignorare, minimizzare o normalizzare le molestie sessuali, anche se fastidiose e imbarazzanti. Entrando invece nel merito delle differenze tra le facoltà considerate, quelle di medicina sembrano essere particolarmente esposte alla diffusione delle molestie. Altre considerazioni possono motivare la maggiore vittimizzazione tra le persone che stanno svolgendo un dottorato o che beneficiano di borse di studio: tale dato può essere spiegato con le asimmetrie di potere, la dipendenza dai docenti strutturati per l’accesso ad alcuni finanziamenti o alle reti necessarie per lo sviluppo della carriera.
Alla luce delle molteplici sfaccettature delle vulnerabilità, per prevenire e contrastare le molestie e la violenza sessuale in ambito accademico i progetti europei più avanzati sul tema (come UniSAFE o GenderSAFE) hanno messo a punto un modello di intervento olistico, definito delle 7P. Questo modello integra ed estende l'approccio tradizionale delle Nazioni Unite e dell'Unione Europea delle 3P (Prevention, Protection, Prosecution) (UE, 2020; ONU, 2006, 2017) e l'approccio della Convenzione di Istanbul (2011) delle 4P (Prevention, Protection, Prosecution, Policy).
La scelta di ampliare i modelli precedenti è stata determinata da diversi limiti identificati nei modelli ONU/UE e nella Convenzione di Istanbul. Sebbene il modello delle 3P di ONU e UE offra molti vantaggi, si concentra principalmente sulla violenza contro le donne. Questo approccio ristretto può rafforzare stereotipi dannosi e trascurare le diverse esperienze dei gruppi emarginati, come le minoranze etniche, o le persone con disabilità, non adottando un approccio intersezionale adeguato. Il Consiglio d'Europa ha ampliato questo approccio, innanzitutto coinvolgendo esplicitamente uomini e ragazzi nella prevenzione, riconoscendo il loro ruolo cruciale nel fermare la violenza. Inoltre, ha aggiunto le Policy alle 3 P dell'ONU/UE, sviluppando piani d'azione nazionali e misure antidiscriminatorie. Tuttavia, per affrontare efficacemente la violenza di genere, e nel nostro specifico caso le molestie e la violenza sessuale nel mondo accademico, è necessario un approccio più ampio. Il modello delle 7P, infatti, pone maggiore enfasi sugli interventi di prevenzione e trattamento, facendo riferimento alla Provision of Services, cioè alla creazione di servizi ad hoc dedicati per esempio alle vittime ma anche alle famiglie, ai bystanders, ai perpetratori e alla comunità colpita dalla violenza di genere. Viene inoltre sottolineata la necessità di coinvolgere stakeholders a tutti i livelli (Partnership), aspetto cruciale per la promozione di un cambiamento culturale. Infine, la settima P è relativa alla Prevalence che viene introdotta sottolineando la necessità di raccogliere dati con un approccio intersezionale, tenendo conto, ad esempio, dell'etnia e dell'origine delle persone, dell'età, dell'identità di genere, dell'orientamento sessuale, nonché della loro funzione all'interno dell'organizzazione.
(Focus a cura di Oriana Binik)
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